barlumi (1958-1961)
«La razionalizzazione degli impulsi istintivi mi ha permesso in seguito di raggiungere una chiara coscienza nell’esercizio del mio lavoro. Proprio perché l’inizio non è mai razionale, ho chiamato il primo periodo della mia attività barlumi»
Gli studi di filosofia iniziati nel 1958 portano Pierelli ad appassionarsi alla scienza e a tematiche come la relatività e il concetto di spazio in relazione alla cosmologia. I primi “input visivi” gli vengono dati invece dai filtri di Francesco Lo Savio (1935 - 1963): reti metalliche sovrapposte caratterizzate da maglie di diverso spessore. Ma contrariamente a queste opere, prive di oggetti e di ulteriori superfici, nei sottili strati di lana di vetro concepiti da Pierelli vi è già la volontà di indagare il rapporto che lega uno spazio definito ad uno apparentemente indefinibile.
In Velo di Vetro fogli di paglia di vetro opachi e ricchi di sovrimpressioni regolari vengono montati su cornici, diventando barriere increspate che impediscono all’osservatore di penetrare una materia che, per definizione, possiede la peculiare caratteristica della trasparenza. Tale inaccessibilità dello sguardo oltre il vetro induce a ipotizzare uno spazio immaginario al di là dello schermo, definito dall’artista spazio reale-ideale.
Dal vetro che lascia soltanto intravedere l’immagine, ad elementi come l’acciaio o l’alluminio, che la riflettono e che gli consentiranno - sotto la spinta delle nuove conoscenze sul microcosmo relativistico - una variabilità di forme praticamente illimitata, il passo sarà breve.